Idrogeno ed energia verde. Il mondo scopre il tesoro della Namibia

La Cina investe da tempo, la Germania ha fiutato le opportunità.
Un interessante articolo di Lorenzo Santucci per Huffingtonpost Italia.
“Ora, all’improvviso, il deserto è diventato prezioso”. L’affermazione del ministro delle Finanze Ipumbu Shimi ben riassume l’interesse che la Namibia sta suscitando a livello internazionale. La costante presenza di sole e del forte vento, le hanno permesso di conquistare le attenzioni per il grande potenziale di energia rinnovabile che è in grado di produrre. Più di ogni altro, quell’idrogeno verde di cui tutti necessitano e sono alla disperata ricerca per centrare gli obiettivi ambientali dei prossimi decenni.
Con una media di 300 giorni di sole all’anno, la Namibia è infatti il secondo Paese al mondo per irraggiamento solare. Per di più, il nome della capitale è tutto un copione: Windhoek significa letteralmente “angolo di vento”, che potrebbe presto spostarsi al centro del mondo dato l’afflusso di investimenti che sta ricevendo.
Tra le prime a mettere gli occhi sulla Namibia è stata la Germania, esperta conoscitrice del territorio per via del suo trascorso colonialista (il Paese uscì dall’influenza dell’Impero tedesco nel 1919, dopo trentacinque anni di subordinazione). “C’è già una corsa in tutto il mondo per le migliori tecnologie dell’idrogeno e le migliori località per la [sua] produzione. Dal nostro punto di vista, la Namibia ha delle possibilità particolarmente buone in questa competizione”, aveva dichiarato a fine agosto l’allora ministro della Ricerca, la tedesca Anja Karliczek, nel momento di firmare una partnership con il Paese africano per l’idrogeno verde. Una collaborazione che ha visto Berlino investire circa 40 milioni di euro da destinare a progetti pilota e studi di fattibilità, oltre a rafforzare la formazione di esperti e specialisti del settore. Per l’ex ministro tedesco – che l’8 dicembre ha ceduto il testimone a Bettina Stark-Watzinger, del Partito Liberale Democratico, entrata a far parte del nuovo governo Scholz – il prezzo per un chilo di idrogeno “made in Namibia” si attesterebbe tra 1,50 euro e 2 euro. Un valore molto conveniente che rappresenta una ghiotta opportunità per la Germania, visto che “abbiamo bisogno di grandi quantità in tempi rapidi e a prezzi al chilo economici”.
A mancare però non è l’idrogeno in sé per sé. Al momento, la quasi totalità è di colore grigio (96%), in quanto proveniente dai combustibili fossili. Subito dopo c’è quello blu, meno inquinante rispetto al primo perché deriva dalla CO2 presente nell’aria. Infine quello verde, il più importante e necessario per dare concretezza alla transizione ecologica ma anche il più difficile da trovare. Viene infatti ricavato dall’acqua e dall’energia elettrica e ha un costo quattro o cinque volte maggiore rispetto a quello grigio. La convinzione – o la speranza – della Germania è che la Namibia, grazie alle caratteristiche del suo territorio e la liquidità immessa da Berlino, possa diventare un polo di idrogeno a basso costo da cui potersi rifornire per raggiungere lo status di “carbon free” entro il 2050. Per riuscirci, però, il Paese africano necessita di essere accompagnato lungo questo percorso.
[…] Entro il 2030, è stato previsto che l’energia della Namibia deriverà per il 70% dalle rinnovabili, mentre l’80% di quella utilizzata verrà prodotta internamente. […]
[…] il progetto se l’è aggiudicato l’Hyphen Hydrogen Energy, per un valore complessivo di 9,4 miliardi di dollari, e dovrebbe portare a una produzione di idrogeno verde puro o derivato (ammoniaca) pari a 300 mila tonnellate all’anno. Si tratta del primo progetto di questo tipo e il sito è stato individuato nel parco nazionale Tsau/Khaeb, nel deserto Namib a sud ovest del Paese, tra i primi cinque posti al mondo per la produzione di idrogeno a basso costo. L’annuncio era arrivato direttamente dal presidente Geingob durante il summit internazionale sul clima che si è tenuto a Glasgow a inizio novembre. Una volta approvato definitivamente il progetto l’Hyphen, una joint venture tra la britannica Nicholas Holding e la tedesca Enertrag, avrà la possibilità di gestirlo per i prossimi quarant’anni e creare circa 20mila posti di lavoro, il 90% ricoperti da namibiani. Da qui verrà prodotto l’idrogeno da redistribuire internamente ed esportare.
Smistarlo in tutto il globo, però, non sarà un’operazione semplice. […]con ulteriori protagonisti pronti a entrare sulla scena. Tra questi, naturalmente, quella Cina tanto affamata di risorse naturali che in Africa ha già messo più di un piede. In Namibia, l’altro porto di Walvis Bay – l’unico a trovarsi già in acque molto profonde dato che è stato costruito su 40 ettari di terreno recuperato dal mare tramite bonifica – è stato ricostruito in cinque anni dalla China Harbour Engineering Company (CHEC). […]Il comune di Lüderitz (ndr in prossimità del sito di Tasu/Khaeb e ove di intende aumentare le potenzialità del poto) ha già stimato la cittadina aumenterà di circa dieci volte la sua popolazione grazie agli investimenti previsti, che dovranno necessariamente includere nuove abitazioni e l’espansione di servizi essenziali, dall’acqua alle fognature.[…]
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