Per alcuni italiani la casa era in Libia. Un film sulle tracce di ieri e di oggi.

Ne ho incontrati di ex asmarini, ex tripolini e così via e tutti parlavano di quei luoghi lontani nel tempo nello spazio come dei piccoli paradisi perduti. Per sempre. Perché ormai quasi inaccessibili per guerre o regimi e perché ciò che un tempo era loro è divenuto di chissà chi senza più averne traccia, per dimenticare, cancellare il dolore.
MY HOME, IN LIBYA, un film di Martina Melilli, racconta questo sentimento andando oltre la semplice nostalgia e scavando nel presente duro per ritrovare ciò che lega e che non va dimenticato.
Prodotto dalla torinese Stefilm (Stefano Tealdi, Elena Filippini, Edoardo Fracchia) e dalla tedesca Zdf, in collaborazione con Arte e Rai Cinema, e con il supporto del MIBACT e del Piemonte Doc Film Fund, My Home in Lybia prende le mosse da una storia personale per scandagliare un presente universale.
La regista Martina Melilli appartiene a una di queste generazioni disperse, figlia e nipote di italiani nati e cresciuti in Libia. Partendo dalle memorie del nonno Antonio, Martina traccia una mappa di luoghi appartenuti a quel tempo passato, rintracciandoli nella Tripoli di oggi e facendoli ripercorrere a Mahmoud, un giovane libico conosciuto sui social che le invia foto e video della città. Lentamente il passato si lega al presente, e il presente si rivela con violenza nella storia di un Paese distante, senza più il senso di comunità. Lo scambio epistolare sui social tra Martina e Mahmoud si fa sempre più costante, dando inizio a una vera amicizia e rivelando due aspetti di una stessa generazione nata nello stesso periodo storico ma separata da un tratto di mare.
Il colonialismo italiano in Libia fa parte di un grande rimosso nazionale, ostentatamente dimenticato come un trauma o una macchia. Ed è ancora un trauma parlare del colpo di Stato di Gheddafi del 1969, della cacciata degli ultimi coloni nel 1970, del sequestro di tutti i beni mobili e immobili degli italiani stanziati a Tripoli. Per chi è sopravvissuto rimane soltanto il ricordo di un’onta, ma anche di una stagione dorata vissuta in una metropoli senza tempo, piena di popoli e lingue.
Martina Melilli, classe 1987, artista e filmmaker di origine veneta, con My Home, in Libya – vincitore di uno dei premi in-kind dell’Atelier del Milano Film Network 2017 e proiettato al 71 Locarno Festival – fa parte di un progetto più ampio, Tripolitalians, nato nel 2010 come tesi di laurea specialistica, sorta di work in progress mirato a una ricostruzione di memorie e alla costruzione di un archivio multimediale della comunità libico-italiana sparpagliata per l’Italia dopo il colpo di stato di Gheddafi del 1969. Da questo progetto sono usciti nel 2014 una mostra presso la Mediateca Regionale Pugliese di Bari e nel 2015 il cortometraggio Il quarto giorno di scuola presentato in anteprima assoluta al Rotterdam Film Festival che documenta in prima persona il quarto giorno di scuola di un bambino appena emigrato dalla Libia, a pochi giorni dall’arrivo sulla penisola italiana.
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